La nostra storia
Si può dire che siano stati pipette, guanti e camici bianchi i primi, veri testimoni della nostra storia d'amore. Hanno assistito alle nostre lunghe giornate lavorando insieme, e allo sviluppo del nostro rapporto da neo-colleghi, a confidenti, ad amici, fino a qualcosa di diverso... Anche se per molto tempo nessuno dei due ha avuto il coraggio di ammetterlo. Il 2020 è stato un anno difficile, ma ha portato anche delle cose positive. Per prima cosa è nata Mulan, la nostra bellissima gatta, e per questo il mondo è diventato un posto migliore. In secondo luogo è avvenuta la tradizionale grigliata di lavoro a Sorengo, durante la quale ci incontriamo per la prima volta: una ragazza, curiosa di lanciare un'occhiata al nuovo assunto che da lì a qualche giorno si sarebbe unito al suo gruppo, e un ragazzo, un po' spaesato in quel ambiente ancora nuovo, che tuttavia nota subito la sua futura collega. Non ci scambiamo più che un rapido saluto e qualche sguardo da lontano quel giorno, e sarà invece tra i banconi del laboratorio che cominceremo davvero a conoscerci. Attraverso piccoli indizi, come tazze lasciate sulle scrivania che raffigurano personaggi anime o citazioni di libri e film sfuggite durante le conversazioni, scopriamo di avere diversi interessi comuni, grazie ai quali ci avviciniamo durante i primi mesi. Quasi senza rendercene conto, cominciamo sempre più spesso a cercare la compagnia l'uno dell'altra, sia dentro che fuori dal lavoro, e diventiamo un'ottima squadra, capace di affrontare qualsiasi sfida che ci si pari davanti. Ci sosteniamo a vicenda durante dei periodi stimolanti ma molto impegnativi, gioiamo dei reciproci successi e soffriamo per i momenti difficili che l'altro deve affrontare: il nostro rapporto si trasforma in una solida e profonda amicizia. Se dobbiamo essere completamente onesti, entrambi cominciamo presto a notare alcuni dettagli. Strani attacchi di tachicardia quando l'altro si avvicina più del solito, prendendo in prestito qualcosa dal tavolo di lavoro. Una gioia un po' troppo intensa che sale quando si riconoscono i passi lungo il corridoio. Pensieri imbarazzanti come "ha gli occhi più belli che abbia mai visto", o "non conosco tua sorella, ma la vorrei ringraziare per averti tagliato i capelli così" che compaiono sempre più spesso. Nonostante ci confidiamo tutto, entrambi abbiamo un segreto che non possiamo ignorare (per quanto credeteci, ci abbiamo davvero provato): "amici" è una parola meravigliosa, ma non è sufficiente. Non possiamo dire di essere stati molto bravi a nascondere questo segreto. Sono molte le frasi sfuggite nel tempo, i gesti e gli sguardi emblematici, nessuno dei quali è passato inosservato. Ma entrambi avevamo troppa paura di buttarci, eravamo terrorizzati davanti alla possibilità di aver male interpretato e di conseguenza rischiare di rovinare la nostra amicizia e il nostro rapporto lavorativo, e per due anni cerchiamo di convincerci che essere amici poteva bastarci. Poi una sera tutto cambia. Lei manda un messaggio di getto, ci rendiamo conto che forse, forse anche l'altro prova la stessa cosa... E lui chiede di aspettare qualche settimana per parlarne. Suona anticlimatico? In realtà no, perché lui voleva aspettare il 17 agosto, esattamente il terzo anniversario del giorno in cui ci siamo visti la prima volta, per confessarci i nostri veri sentimenti. Ed è esattamente un anno dopo, sempre il 17 agosto, che lui sceglie una bella panchina nel Giardino del Re a Copenhagen. Aspetta qualche minuto, con il cuore che batte all'impazzata, e nel momento in cui il sole sbuca dalle nuvole le prende dolcemente le mani per farla alzare in piedi, e poi si inginocchia per farle la grande domanda. E non c'è bisogno che vi diciamo che cosa ha risposto lei, vero?
